1850-1854

Nuovi progetti e nuove polemiche. Il "Dimittantur"

Nel 1850 Rosmini cambia casa. A Stresa lascia la sede del noviziato sulla collina per sistemarsi nella splendida villa sul lungolago, lasciata in eredità all'Istituto da Anna Maria Bolongaro, morta senza eredi diretti. In questi anni coltiva un'altra idea: spalancare all'Istituto della Carità una nuova frontiera. Consapevole che la carità non conosce confini, incomincia seriamente a pensare che sia giunto il momento di aprire sedi dell'Istituto anche in terra di missione. Ancora una volta, Rosmini affronta le cose con grande rigore e serietà, non preoccupandosi della quantità, ma della qualità dei missionari. Per preparare i nuovi «apostoli delle genti», istituisce una scuola di formazione per gli annunciatori del regno di Dio, il "Collegio dei missionari". Resterà invece sulla carta un'altra delle sue tante idee, quella di dare un'anima cristiana alla medicina, con la creazione di un "Collegio dei medici", intitolato a san Raffaele.
Ormai Rosmini lascia poche volte il suo rifugio di Stresa, ma non chiude le porte al mondo: tra i molti che vengono da lui per chiedere un consiglio o confidare i loro tormenti c'è anche don Giovanni Bosco, al quale nel 1851 presterà del denaro per comprare il terreno per il santuario di Maria Ausiliatrice e più tardi  gli suggerirà di aprire una tipografia nella quale impegnare ragazzi che ha raccolto per strada. In questi anni le sue giornate scorrono intessute di preghiera e studio; ama recitare il breviario passeggiando nel parco attorno a villa Bolongaro; due volte al giorno si riunisce con i confratelli per l'esame di coscienza. Allo studio dedica tre o quattro ore ogni mattina e nel pomeriggio scrive o detta i suoi pensieri e le sue lettere. Ad interrompere lo scandire quotidiano di queste occupazioni sono spesso le visite degli amici, soprattutto il marchese Gustavo di Cavour, Ruggero Bonghi e Alessandro Manzoni. Inoltre decide anche di riordinare i suoi scritti in una grande visione unitaria preparando un'opera, l' Introduzione alla filosofia, che ne dovrebbe costituire la premessa.
Ma una nuova tempesta si profila all'orizzonte: dimenticato l'intervento di Gregorio XVI, che nel 1843 aveva imposto il silenzio, gli avversari tornano alla carica con una nuova strategia. Accantonato il papa puntano direttamente ai vescovi, cui sono indirizzate le Postille, opuscolo denigratorio che inizia a circolare già nel 1848, confezionato stralciando dalla vastissima produzione filosofica di Rosmini e slegando dal contesto in cui erano inserite, 327 tesi ritenute eretiche. Alcuni vescovi si lasciano abbindolare e incominciano a tempestare la Santa Sede di richieste per una condanna delle tesi rosminiane. Soltanto nel 1850 Rosmini riesce ad avere tra le mani una copia delle Postille, e attraverso la lettura scopre in alcuni membri dei Gesuiti la regia di tale operazione. Pio IX affida l'esame delle contestazioni contenute nelle Postille alla Congregazione dell'Indice che, nel dicembre del 1850, conclude i propri lavori con una sentenza che afferma che le accuse sono palesemente infondate. Ma le Postille possono continuare a circolare liberamente e altrettanto liberamente gli accusatori possono infrangere il silenzio imposto ad entrambe le parti da Gregorio XVI. Pio IX vorrebbe chiudere definitivamente la questione con qualche "aggiustamento" alle teorie più discusse. Rosmini è  disposto a fare ciò che il papa desidera e chiede che gli vengano indicati per la correzione i punti dei suoi scritti che possono dare adito a dubbi ed equivoci. Ma le mediazioni e i compromessi non servono perchè gli avversari chiedono la soppressione dell'Istituto della Carità.
Per difendere la congregazione Rosmini invia a Roma come proprio rappresentante don Pier Luigi Bertetti, membro della comunità rosminiana in Inghilterra, con l'incarico di proporre al papa di nominare una commissione di esperti imparziali alla quale sottoporre l'esame dell'intera sua dottrina. Pio IX sceglie personalmente i sei "consultori" che avranno il compito di esaminare le opere di Rosmini e presentare alla Congregazione dell'Indice le relazioni sulla base delle quali i cardinali e gli altri membri dell'organismo vaticano dovranno esprimere il giudizio finale.
Nel settembre 1852 i sei consultori concludono l'analisi delle opere rosminiane: cinque esperti non trovano nulla di condannabile nella sua dottrina. Alla possibilità di una piena assoluzione di Rosmini, gli avversari chiedono e ottengono il rinvio della riunione conclusiva della Congregazione dell'Indice. Pio IX si lascia convincere e, nel tentativo di trovare una mediazione ragionevole, in gran segreto nomina due nuovi consultori per un' ulteriore indagine. I due nuovi consultori che terminano la loro indagine nel marzo del 1854, non solo non trovano nulla da censurare nella dottrina rosminiana, ma esprimono nei suoi confronti giudizi lusinghieri.
In aprile si riunisce la commissione preparatoria che deve stilare le proposte da sottoporre alla Congregazione dell'Indice. Sulla piena "assoluzione" di Rosmini l'accordo è praticamente unanime. In luglio 1854 si riunisce la Congregazione e i nemici di Rosmini giocano l'ultima carta: chiedono che l'esame delle sue opere sia assegnato a un altro organismo vaticano, il Sant'Uffizio. Rosmini attende gli eventi con la consueta serenità e si dichiara disposto a rivedere quelle parti delle sue opere che possono dare adito a dubbi, ma vuole che sia il papa a chiederglielo. Agli inizi di luglio si riunisce la Congregazione dell'Indice presieduta eccezionalmente dallo stesso Pio IX.
I cardinali presenti e gli altri membri della commissione pontificia sono praticamente uniti nel ritenere che non ci sia una sola tesi rosminiana da censurare; rimangono invece divisi sulla condanna dei suoi avversari e sulle modalità della "riabilitazione" di Rosmini. L'intervento diretto del papa con il Dimittantur "Si dimettano tutte le opere di Antonio Rosmini-Serbati delle quali recentemente s'era istituito esame" archivia il caso ma non lo risolve definitivamente. La sentenza dovrà rimanere segreta. Pio IX rinnova infatti l'obbligo del silenzio per tutti i protagonisti della polemica.

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