I Rosmini-Serbati

Gioseffa Margherita (1794-1833)

Primogenita di Pier Modesto e della contessa Giovanna Formenti, nata nel 1794, fin da bambina manifestò il suo temperamento deciso e crebbe tra cure amorevoli in seno alla famiglia. A 11 anni (1805) fu mandata nel rinomato istituto delle Orsoline ad Innsbruck, dove, oltre ai lavori femminili, ebbe modo di applicarsi nello studio della lingua tedesca. Qui le amorose cure delle suore, il loro insegnamento e testimonianza la invaghirono della vita collegiale a tal punto che nacque in lei il desiderio di farsi monaca; desiderio che contrariò il padre tanto da farla rientrare a Rovereto. In casa perfezionò l'educazione col supporto di maestri privati, con i quali ebbe modo di apprendere il francese, il latino e la musica, ma soprattutto di approfondire la lingua italiana; ben presto divenne una donna molto colta e stimata da tutti. A 23 anni (1817) riaffiorando la vocazione religiosa, manifestò il desiderio di entrare nel Convento delle Dame Inglesi di Rovereto e nonostante la disapprovazione paterna, fece le pratiche per l'ingresso; pratiche che però si arenarono nelle spire burocratiche dell'I.R. Governo. L'apertura di un orfanotrofio femminile a Rovereto e l'incarico di direttrice che le era stato proposto furono l'occasione propizia per dar forma concreta al suo sogno. Anche il padre, seppur contrariato, partecipò alla fondazione della "Pia Casa delle Orfanelle" concedendole come sede due casette attigue al palazzo e una somma di denaro per il mantenimento d'alcune orfanelle. Desiderosa di avere una direttiva sicura per la formazione di questo nuovo orfanotrofio, chiese di poter trascorrere un breve periodo a Verona presso la Casa delle Figlie della Carità (Canossiane) fondato dalla marchesa Maddalena di Canossa, la quale acconsentì alla richiesta. Nel 1820 Gioseffa partì alla volta di Verona accompagnata dal fratello Antonio. Si trattenne poco più di un mese e, ritornata a Rovereto, mise in atto gli insegnamenti ricevuti. L'esperienza veronese inoltre le fece accarezzare l'idea di fondare anche a Rovereto una Casa di delle Figlie della Carità (Canossiane) e con il fratello Antonio elaborò il progetto da sottoporre al giudizio della marchesa di Canossa, la quale ritenne più conveniente la fondazione di una casa a Trento, sia per la sua maggior importanza socio-economica-politica, sia perché a Trento non era presente un istituto femminile. Nel 1824 lasciata la cura dell'orfanotrofio entrò come novizia nelle Figlie della Carità e nel 1826 vestì l'abito religioso. E mentre provvedeva alla propria edificazione spirituale, non trascurava il progetto della fondazione dell'Istituto a Trento, di cui si accollò tutto l'onere finanziario. Ottenuto in dono dall'imperatore il Convento di S. Francesco a Trento, acquistò il giardino annesso e fece restaurare tutta la casa, adattandola ad Istituto, e la Chiesa. Eletta Superiora del nuovo Istituto ne assunse la direzione con tutto l'ardore e l'impeto amoroso, tipico della sua personalità, ma purtroppo per breve tempo. Alla fine del 1832 venne colpita da una grave malattia polmonare che la indebolì e la costrinse a rientrare a Verona. Ma nonostante il clima mite di Verona, l'intensificazione delle cure e l'amorevole assistenza delle consorelle il decorso della malattia procedette inesorabilmente. Morì nel 1833 a soli 38 anni.