L'appartamento dello zio Ambrogio

La camera da letto

Attraverso lo stanzino ricavato dalla chiusura di un'antica loggia si entra nella "camera da letto", letto sul quale Antonio Rosmini si trovava nel 1854, anno in cui cominciò a sentire i forti dolori che nel 1855 lo avrebbero condotto alla morte.
Una grande vetrina, sulla cui cimasa nera - identica a quella delle vetrine dello studio - spicca in caratteri greci dorati la parola PHILOSOPHIA, occupa tutta la parete di fronte al letto. Antonio Rosmini fino al 1830 vi teneva la sua biblioteca filosofica, che successivamente si fece spedire a Stresa in seguito al suo definitivo trasferimento sulle sponde del Lago Maggiore. Sul comodino a destra del letto un crocefisso in legno del Pendel, lo scultore di Merano al quale nel 1833 Antonio Rosmini aveva commissionato il grande crocifisso che fece innalzare dietro l’altare nella chiesetta di S. Margherita a Trento e che ora si trova nella chiesa di S. Maria Maggiore.
Sulle pareti procedendo da sinistra una serie di quadri di argomento sacro tra i quali - a sinistra del letto - una tempera su tavola del XVI secolo raffigurante la "Madonna col bambino, S. Pietro e S. Caterina". E sotto, dello stesso periodo, un olio su rame con il "Riposo durante la fuga in Egitto", opera del tedesco Johann Rottenhammer.
Sopra il letto all’interno di una vistosa cornice dorata una "Madonna col bambino e S. Giovannino" e alla destra una tavola cinquecentesca raffigurante una "Madonna col bambino, S. Anna, S. Gioacchino e S. Giovannino". E tra le finestre una “Madonna orante”, opera di notevoli dimensioni attribuita al pittore roveretano Domenico Udine (1784-1850). Sulla parete opposta - piccola ma di notevole valore affettivo per Antonio Rosmini - la tela con il ritratto dell'amico don Paolo Orsi prefetto del Ginnasio roveretano.

Beni artistici

Hans (Johann) Rottenhammer

Riposo durante la fuga in Egitto
I. metà sec. XVII (1600-1610)

Domenico Udine Nani (attr.)

Madonna orante
(I. metà sec. XIX - 1830-1835)

Giuseppe Andreis

Ritratto di don Paolo Orsi
(sec. XIX)